Di Manolo Mureddu
Non sono razzista, ma..
anche a Carbonia è diventata una delle affermazioni maggiormente in voga in questi giorni da chi non riesce ad assumersi fino in fondo la responsabilità del proprio pensiero.
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Il fatto stesso che alla fine di questa frase si utilizzi “ma” come congiunzione con valore “avversativo” significa, evidentemente, che si vuole “avversare” o mettere in discussione il concetto precedentemente espresso. Ci si dichiara non razzisti salvo poi, però, manifestare successivamente il proprio risentimento, la propria paura e la propria scarsa tolleranza nei confronti di altri esseri umani che hanno come unica colpa quella di essere fuggiti dalla guerra, dalla distruzione e nel migliore dei casi dalla miseria.
Molti motivano questa avversione con la crisi economica e la mancanza di salario o potere d’acquisto a cui molte famiglie devono far fronte in questo difficile contesto storico, temendo che le risorse economiche destinate ai profughi possano essere sottratte da quelle destinate al welfare delle famiglie povere italiane.
Il filo conduttore è sempre lo stesso: Lo Stato deve prima di tutto (e soprattutto) aiutare gli italiani e poi, se ne avanza, salvare, accogliere e sostenere i profughi.
Poco importa se questa è una crisi umanitaria di proporzioni drammatiche e l’alternativa al loro salvataggio e alla loro accoglienza, è quella di lasciarli affondare e morire in mare con indicibili sofferenze.
Non credo però di trovarci di fronte a una grande ondata di razzismo biologico e non credo nemmeno che la maggioranza di coloro che si esprimono in questo modo realmente provi sentimenti d’odio per i profughi. La maggior parte di essi scrive dietro a una tastiera, magari seduti in un divano, in quel grande sfogatoio di frustrazioni che è diventato il social-network e ignora totalmente cosa siano i profughi, le sofferenze patite e le storie umane dietro a ognuno di essi. Sarebbe ideale e alquanto educativo, farli assistere ai salvataggi in mare per poter guardare dritti negli occhi i profughi dopo ogni dramma. Dopo esperienze di questo tipo, chi lo sà, potrebbero anche cambiare radicalmente la propria limitata impostazione mentale.
D’altro canto chi pretende di essere sostenuto in modo prioritario dallo Stato, lo fa con la presunzione di averne il diritto naturale in quanto cittadino autoctono senza però pensare che la ragione per cui si nasce a una determinata latitudine piuttosto che ad un’altra, è esclusivamente legata alla fortuna. In altre parole siamo nati qui non per scelta ma per caso.
E se è vero che una società per funzionare deve rispettare e imporsi delle regole e soprattutto che è compito dello Stato(c’è scritto anche nella costituzione) promuovere tutte le condizioni affinché i cittadini possano elevarsi dal punto di vista economico e sociale, e in questo territorio ciò non è avvenuto. E’ anche altrettanto vero che molti di coloro che rivendicano il diritto ad avere priorità da parte dello Stato devono necessariamente ricordarsi che lo Stato sono i cittadini che pagano le tasse e che permettono -evidentemente- che una parte di esse vengano utilizzate per sostenere il welfare a favore delle persone maggiormente in difficoltà. Questo avviene anche nei confronti di coloro che cronicamente non hanno mai voluto nemmeno provare a lavorare, ad impegnarsi e a fare la propria parte per la collettività(e che magari oggi sono in prima linea a protestare contro i migranti) e anche verso chi da sempre evade le tasse e usufruisce, imbrogliando e prevaricando, dei servizi al pari di tutti gli altri che invece le tasse le pagano. Siamo sempre bravi a pretendere i diritti, meno a rispettare i doveri.
Infatti, in riferimento a questo aspetto, se analizziamo i dati economici sulla presenza dei 5 milioni di immigrati regolari in Italia ci accorgiamo che essi contribuiscono molto di più in termini fiscali e di ricchezza prodotta rispetto a quanto ricevono. Parliamo di oltre 17 miliardi di euro tra contributi fiscali e previdenziali e un’incidenza nel pil per oltre il 5,6%. Ecco perché poi anche i fondi utilizzati per affrontare l’emergenza umanitaria(che ora vengono stanziati e ripartiti in ambito Europeo) non potrebbero comunque essere gli stessi utilizzati per il tradizionale welfare italico.
La verità è che se anche così non fosse, abbiamo comunque il dovere morale, etico e storico di salvarli e accoglierli. E senza scomodarci tanto, pure la storia recente ci insegna che i paesi d’origine e soprattutto di transito dei profughi sono stati ultimamente destabilizzati dalle mire economico-espansionistiche dell’occidente e dagli evidenti interessi delle multinazionali.
Per questo e per altri mille motivi oggi non possiamo permetterci il lusso di non essere coerenti e sinceri con noi stessi.
Ma soprattutto, umani.