Il turismo è ormai diventato uno dei principali attori della crescita economica e, allo stesso tempo, rappresenta una delle principali fonti di reddito per molti paesi sviluppati e in via di sviluppo. Questa crescita va di pari passo con una diversificazione crescente e la concorrenza tra le destinazioni turistiche. Una forma di turismo che si sta sviluppando in una nicchia rilevante nel mercato internazionale di questo settore, è quella orientata all’archeologia industriale.
L’archeologia industriale si riferisce alla ristrutturazione di impianti industriali e allo loro riapertura in forma di musei per scopi turistici dove i vecchi macchinari e attrezzature sono esposti per testimoniare la società industriale e, principalmente, per conservare il patrimonio culturale. Si tratta di industrie ormai in disuso che passano da produrre ad esempio minerali, come il carbone, a “produrre” turismo e cultura.
Negli ultimi anni, l’industria del turismo ha prestato maggiore attenzione alla “conservazione dell’eredità industriale“. L’UNESCO ha giocato un ruolo essenziale nella tutela del patrimonio geologico e l’Europa ha creato un itinerario denominato European Routes of Industrial Heritage (ERIH), dove oltre 1000 siti industriali in 43 paesi europei sono stati collocati su una mappa turistica per creare una rete di territori al fine di promuovere il patrimonio culturale e industriale. Esistono, nel mondo, tanti casi di riconversione della vecchia industria in museo: Guido in Polonia, originariamente una miniera fondata nel 1855 dal conte Guido Henckel von Donnersmarck, da cui prende il nome, e trasformata in museo nel 1960, così come il museo minerario di Velenje in Slovenia, istituito nel 1957 e vincitore di numerosi premi per la sua conservazione del patrimonio culturale e tecnico.
Lascia senza fiato il risultato della riconversione della cava cementaria della famiglia Butcharts, situata in Canada, in giardino botanico, Butchart Gardens appunto. Si trattava di una cava di cementeria sull’isola di Vancouver che fermò la produzione di cemento nel 1916. Al giorno d’oggi, il giardino botanico non solo è uno spettacolo di colori e specie di piante e fiori ma organizza diverse attività collaterali come raffinati spettacoli pirotecnici.
Il nostro caso locale di archeologia industriale è il Centro Italiano per la Cultura del Carbone (CICC). Il sito di 25 ettari dei 33 originali della miniera di Serbariu, chiusa nel 1971, è stato acquistato dal Comune di Carbonia. Il 4 dicembre 2002, nel giorno di Santa Barbara, protettrice dei minatori, sono iniziati i principali interventi, cofinanziati dall’UE, al fine di ristrutturare gli edifici del sito minerario in museo per scopi didattici e di valorizzazione turistica. Il progetto di salvataggio e la ristrutturazione hanno permesso l’utilizzo di ex strutture delle miniere e gli edifici che oggi formano il Centro Italiano per la Cultura del Carbone che è stato aperto il 3 novembre di quattro anni dopo, nel 2006. Mauro Villani, responsabile del museo, ci ha detto: il Comune ha riconvertito la miniera in museo al fine di cercare di mantenere la memoria. La miniera di Serbariu è sostanzialmente la radice della città di Carbonia.
Il CICC è stato fondato come associazione tra il Comune di Carbonia e il Parco Geominerario, parco storico e ambientale della Sardegna, che è membro del Global Network dei Geoparchi dell’UNESCO, con lo scopo di gestire e valorizzare il sito minerario di Serbariu.
La risposta del territorio
Nei nove anni di attività, 139.220 persone hanno visitato il CICC (dato aggiornato al 31/12/2015). Si è passati da 11.866 visitatori durante tutto il 2007 a 17.519 nel 2015. I visitatori sono quindi aumentati di circa il 50%.
La figura 1 mostra l’andamento dei visitatori nei 9 anni di attività.
La figura 2 mostra, invece, l’andamento dei visitatori per mese in ciascun anno.
Come atteso, il museo è più frequentato durante i mesi primaverili ed estivi, con un buon andamento anche nel periodo delle vacanze di natale.
Il CICC non attrae solo turismo domestico, rappresentato dal 18% del totale dei visitatori provenienti da Carbonia, ma buona parte arriva anche dal resto della Sardegna, dall’Italia e dall’Europa. I turisti europei arrivano da Francia, Svizzera, Belgio, Germania, Olanda, Inghilterra, Spagna, Austria ed Europa dell’Est. I turisti extraeuropei arrivano invece da America, Russia, Cina, Giappone, Africa e Australia.
Il museo è visitato da scuole e gruppi ma principalmente da individui autonomi, come mostra la tabella 2.
La tabella 3 mostra invece come il CICC attragga una più alta percentuale di persone tra i 41 e 64 anni e tra i 19 e 40.
Il CICC è molto apprezzato su TripAdvisor: è vincitore del certificato di eccellenza per gli anni 2014 e 2015 e sono presenti 182 recensioni tutte molto positive di cui 11 sono scritte da Francesi, 5 da Inglesi e una da un Tedesco.
Il CICC sembra che abbia tutte le carte in regola per rappresentare un’importante destinazione di turismo industriale nel mercato internazionale del turismo. Oltre ad essere il rappresentante italiano nella Rete Europea dei musei minerari e aver partecipato a progetti internazionali come il MinHer tra il 2013 e 2014, è stato capace di diventare un centro culturale sede di numerose iniziative didattiche e artistiche, in collaborazione con scuole del territorio ed artisti locali.
Una miniera in disuso può quindi diventare una risorsa per lo sviluppo locale.
Giulia Contu, Sara Pau, Christelle Traboulsi
Riferimenti utili: