Albeschida è un’associazione di volontariato nata circa vent’anni fa insieme al Centro di Salute Mentale di Carbonia, per promuovere e supportare attività risocializzanti destinate ai sofferenti psichici.
Una catena è apparsa nei cancelli dove ha sede l’Associazione che, di fatto, si vede preclusa la possibilità di portare avanti il proprio operato.
In seguito alla legge Basaglia, molte realtà ospedaliere della psichiatria italiana rimasero incompiute per diversi anni, anche per la mancanza dei fondi necessari ad attrezzare le strutture e ad assumere e formare nuove figure professionali.
Fu così, e purtroppo è così ancora oggi in diversi contesti italiani, che fino alla fine degli anni ’90 il reparto psichiatrico di Carbonia continuò ad avere una funzione poco più che contenitiva del disturbo psichico e di sola gestione della fase acuta della malattia.
Per fortuna già in quegli anni fu fondamentale l’apporto delle associazioni di volontariato già presenti, il cui operato rimane tuttora di fondamentale importanza specialmente in un contesto in cui le uniche parole che dovrebbero riecheggiare sono inclusione e condivisione e non esclusione e competizione.
Albeschida e il recupero dei terreni della Asl
Alla fine degli anni ’90 gli spazi nel retro dell’Ospedale Sirai erano completamente abbandonati. Si costruì la casa famiglia prima e il centro diurno poi e i terreni della ASL furono custodi degli scarti edili per diversi anni.
Albeschida è nata dall’incontro di dottori, operatori, utenti e famigliari che diventarono improvvisamente persone senza etichette, seguendo un metodo rivoluzionario sperimentato ancora oggi con successo a Trento.
Uno dei primi atti dell’Associazione fu quello di autofinanziare la rimozione di quegli scarti per recuperare importanti spazi inutilizzati: i fondatori di Albeschida pagarono di tasca propria la pulizia dei terreni della ASL.
La nascita del Centro di Salute Mentale
Insieme ad Albeschida nasce così il Centro di Salute Mentale, luogo che risulta anche la sede dell’Associazione nel Registro Provinciale delle Associazioni di Volontariato.
In quei terreni, nel corso dei venti anni di attività, l’Associazione ha creato e portato avanti progetti volti al recupero totale dell’autonomia. La persona è stata messa al centro della cura di sé e dei compagni di questo viaggio di dolore e speranza.
Animali da accudire, spezie e ortaggi da raccogliere, fiori da annaffiare. Poi le attività più svariate in stretta collaborazione con gli operatori della ASL, le giornate di autogestione e il teatro che ha portato in giro per l’Italia ragazzi e ragazze del Sulcis.
Giovani e meno giovani che sono andati nelle scuole a raccontare la malattia da protagonisti, Centro di Salute Mentale come luogo di accoglienza, sostegno e reinserimento in società grazie proprio alla collaborazione tra strutture e personale ospedaliero e mondo del volontariato.
Sono venuti a Carbonia diversi professionisti per studiare l’applicazione di un metodo rivoluzionario (quello pubblico italiano, purtroppo non diffuso su tutto il territorio anche se previsto per legge) nell’affrontare il male oscuro (disturbo psichico).
Sulcis come modello per la cura della Salute Mentale
La storia di Albeschida e del CSM di Carbonia viene raccontata nelle pubblicazioni di alcuni ricercatori che sono passati per l’Ospedale Sirai.
La si ritrova in immagini di teatro immortalate al Centrale di Carbonia, così come in trasferte a Roma, a Trento e altre città; nei sorrisi dei ragazzi di Oberhausen all’interno di un progetto di interscambio culturale con la cittadina tedesca gemellata, nei ragazzi delle scuole pubbliche cittadine venuti in visita al Centro Diurno, ma soprattutto nei sorrisi e nelle lacrime finalmente condivisi, come avviene in tutti quei luoghi dove operatori, utenti e famigliari decidono di mettere al centro delle loro riflessioni la persona che ha bisogno di assistenza.
Insieme ad altre realtà associative presenti sul territorio, il Sulcis godeva di una situazione esemplare per il resto d’Italia, lo ha capito bene, con sorpresa, chi ha per esempio condiviso a Trento momenti di formazione e confronto con volontari e operatori provenienti da tutta Italia.
Situazione certamente non risolutiva, anzi meritevole di approfondimento e di ulteriore sperimentazione.
Il volontariato, tra donazioni e autofinanziamento
Gli spazi adiacenti al Centro Diurno di Carbonia erano completamente inutilizzati prima del lavoro dei volontari di Albeschida.
Grazie alle donazioni di Alcoa Foundation all’Associazione, fu costruito un forno e fu possibile dotarsi di un trattore per rendere possibile la piantagione di tutti gli alberi e delle coltivazioni presenti nei terreni attorno al Centro Diurno, con cui in parte l’Associazione si è autofinanziata in seguito alla vendita di verdure, spezie e olio.
Così come avviene per fortuna in tantissime associazioni di volontariato anche a Carbonia, Albeschida ha vissuto di donazioni e autofinanziamento.
Ogni albero, ogni pianta, ogni animale, non ha usato un euro di fondi pubblici. Dall’acquisto del trattore, come si è già detto, alla costruzione e manutenzione delle recinzioni e degli steccati, dagli alberi piantati alla costruzione di un’autorimessa per mettere al riparo il trattore: tutto finanziato da privati o costruito col lavoro del volontariato.
Albeschida è stata parte attiva nello sviluppo di una serie di attività basate sul lavoro come strumento efficace per un ritorno alla quotidianità e alla responsabilità dei pazienti usciti dalla fase acuta della patologia psichiatrica.
Anche la notte più buia conosce il chiarore dall’alba
Dispiace venire a conoscenza che questo sia un momento di incomprensione tra l’associazione che ha contribuito in modo determinante a costruire quegli spazi, con i propri sforzi e le proprie risorse economiche, e la dirigenza Asl che ha ovviamente tutto il diritto di avere un’idea diversa riguardo la salute mentale.
La pandemia che stiamo vivendo non poteva che amplificare problematiche preesistenti. Non conosciamo il destino di Albeschida, sappiamo che è importante documentare la sua esistenza, un dovere quando si parla di patrimonio collettivo.
Anche la notte più buia conosce il chiarore dell’alba: è stata la frase che ha ispirato il nome Albeschida.
Un trattore rivolterà la terra, nuovi semi verranno piantati per fare conoscere ad altre persone l’eccezionale esperienza del vedere la terra imbiancata dalla calce che ritorna a respirare e a nutrire le piante che con cura e pazienza sapranno dare nuovi frutti.