Sono trascorsi più di dieci anni da quel 3 novembre 2006, giorno in cui il Centro Italiano per la Cultura del Carbone (CICC) – o più semplicemente “Museo del Carbone” – fu inaugurato.
La luce nelle gallerie, quella che un tempo era prodotta debolmente e pericolosamente dalla fiamma delle lampade dei nostri padri minatori, non si è spenta con la chiusura della miniera nel 1971 ma ancora oggi illumina un percorso di memoria.
Oltre 160 mila visitatori, dalla sua apertura fino ad oggi, hanno attraversato la galleria nel sottosuolo della vecchia miniera di Serbariu.
Il CICC è il nostro caso locale di archeologia industriale, disciplina sempre più diffusa a livello mondiale, basata sulla ristrutturazione di impianti industriali in disuso e la loro riapertura in forma di musei, dove i vecchi macchinari e attrezzature sono esposti per testimoniare la società industriale e, principalmente, per conservarne il patrimonio culturale con scopi didattici e di valorizzazione turistica.
“Fotografare” questo museo oggi significa rappresentare l’immagine di un’importante destinazione nel mercato internazionale del turismo industriale. Dal 2012 il CICC è membro e rappresentante italiano nella Rete Europea dei Musei della Miniera di Carbone (European Network of Coal Mining Museums), insieme ad altri sei principali siti minerari riconvertiti in centri museali in Francia, Belgio, Gran Bretagna, Germania, Polonia e Spagna [1].
Il CICC costituisce inoltre uno dei 90 Anchor Point – prestigiosi siti chiave che compongono l’itinerario principale – dell’ERIH (European Route of Industrial Heritage), la rete europea di itinerari di archeologia industriale che comprende attualmente oltre 1.315 siti in rappresentanza di 45 stati.
Tra il 2013 e il 2014 ha partecipato al progetto internazionale MinHer (Mining Heritage), finanziato dal Programma dell’Unione Europea “Europa per i cittadini”, insieme alle città minerarie Labin e Rasa (Croazia), Velenje e Idrija (Slovenia), Rybnik (Polonia) e Banovići (Bosnia ed Erzegovina). Il progetto era finalizzato alla creazione di una rete di cooperazione tra città accomunate dalle stesse radici minerarie ed esempi europei di conservazione e valorizzazione del patrimonio industriale.
Il numero dei visitatori del nostro Museo del Carbone cresce di anno in anno, nonostante la difficile dinamica economica che il Sulcis ha vissuto nell’ultimo decennio. Il CICC ha quasi duplicato le visite rispetto al primo anno di apertura, superando i 20 mila visitatori nel 2016.
Molto apprezzato su TripAdvisor con quasi 300 recensioni positive, la maggior parte delle quali si soffermano sulla grande professionalità e impegno del personale del Museo, ha vinto due certificati di eccellenza. Non solo carboniensi, sardi e italiani visitano il CICC ma anche francesi, inglesi, tedeschi, libanesi, filippini, indonesiani tra i visitatori del nostro principale Museo cittadino.
Qui la testimonianza sul CICC e sulla nostra città da parte di un’amica filippina.
È inoltre sede di mostre di vario tipo, laboratori didattici, manifestazioni e convegni, alcuni dei quali rappresentano ormai eventi consolidati che si ripetono da vari anni come “La Befana in Miniera” e “In Miniera tra i Presepi”.
Il CICC è oggi un sito laborioso, dinamico e multidisciplinare che mantiene vive le nostre radici minerarie.
Riferimenti utili:
Nostra precedente analisi 2007-2015 sul CICC
[1] Centre Historique Minier du Nord Pas-de-Calais di Lewarde per la Francia, Bois du Cazier di Marcinelle per il Belgio, National Coal Mining Museum for England di Wakefield per la Gran Bretagna, Deutsches Bergbau Museum di Bochum per la Germania, Muzeum Gornictwa Weglowego Kopalnja Guido di Zabrze per la Polonia e Museo de la Minería y de la Industria de Asturias, Mina San Vicente per la Spagna.