Le brevi considerazioni che seguiranno questa doverosa premessa non sono in nessun modo un invito alla disobbedienza civile o qualsiasi altro comportamento contrario alle norme vigenti che potrebbero mettere in pericolo la salute dei cittadini.
Anche chi, come noi, è fortemente critico nei confronti di alcuni soggetti istituzionali in generale e del loro comportamento confusionario di questi giorni in particolare, si sente in dovere di rispettare qualsiasi normativa vigente.
L’emergenza Covid-19
L’emergenza covid-19 sta mettendo ulteriormente in evidenza la profonda incompetenza di buona parte della nostra classe dirigente.
Questa non è una novità e purtroppo non è una discussione riferita esclusivamente ai nostri confini nazionali.
Nel mezzo di un’emergenza mondiale a cui nessun politico può essere preparato, sarebbe razionale condividere gli sforzi, analizzare scientificamente la situazione e pianificare delle possibili soluzioni che prevedano il coinvolgimento delle maggiori organizzazioni di rappresentanza di cittadini, lavoratori e imprese.
Io Resto A Casa
Un simile approccio ce lo saremmo aspettato almeno dai Paesi dell’Unione Europea, invece ci ritroviamo a quasi due mesi da quando è stato dichiarato lo stato di emergenza in Italia (31 gennaio) con tutti i soggetti istituzionali coinvolti che procedono in ordine sparso.
Dall’uscita del primo decreto conosciuto con il nome di “IoRestoACasa”, ogni Regione ha emesso un numero di ordinanze che non si contano più sulle dita delle mani (solo in Sardegna siamo arrivati alla numero 11), come non si contano più i sindaci che non hanno resistito a quello che sembra essere l’irresistibile impulso del momento: scrivere qualcosa sull’emergenza coronavirus per il solo gusto di metterci la firma sotto.
Nella maggior parte dei casi si tratti di vere e proprie “supercazzole”, ovvero di una serie di inutili giri di parole per esprimere esattamente gli stessi concetti riportati negli oramai famosi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM).
La competenza sulle misure restrittive deve essere dello Stato
Basterebbe ancora una volta consultare la Costituzione per capire il perché: per l’articolo 16 ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.
Ancora più chiaro l’articolo 120, secondo cui la Regione non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Proprio per questi due articoli fino a oggi i Presidenti di Regione e alcuni sindaci hanno minacciato misure più restrittive delle libertà personali solo a parole: la competenza riguardo la limitazione di tali libertà è esclusivamente di Governo e Parlamento in via del tutto eccezionale in stato di emergenza sanitaria nazionale.
Lo stesso Presidente del Consiglio ieri (24 marzo) ha precisato in conferenza stampa che “la competenza sulle misure restrittive deve essere dello Stato” per evitare disorientamento e confusione della popolazione. “Fermo restando quindi che la disciplina di cornice ce la riserviamo noi come Stato, in particolare il Governo, per quanto riguarda le misure restrittive lasciamo anche la possibilità alle Regioni difronte a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario, la possibilità di adottare se del caso misure anche ulteriori. Ma solo in questo caso”.
L’Ordinanza del presidente Christian Solinas
La domanda a questo punto è: se nemmeno la Lombardia, Regione maggiormente colpita dalla diffusione del virus e dalle sue drammatiche conseguenze, ha adottato misure più restrittive delle libertà personali, con quali basi giuridiche il Presidente Solinas ordina (art.5, ordinanza 11, 24 marzo 2020) che un solo componente di un nucleo familiare possa uscire una sola volta al giorno per acquistare beni necessari ed essenziali?
L’ordinanza cita alcune leggi per giustificare questo presunto abuso. Si dimentica però di citare l’articolo 117 del decreto legislativo n.112 del 31 marzo 1998: in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l’adozione dei provvedimenti d’urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle Regioni in ragione della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.
Ordinanza della Regione o decreto del Governo: quale prevale?
Trattandosi di un’emergenza nazionale, il Governo ha chiarito diverse volte che in materia di limitazione delle libertà personali la competenza è esclusivamente dello Stato. Mentre scrivo non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DPCM del 24 marzo 2020, ma sembrerebbe consentire ulteriori limitazioni adottate dalle Regioni in situazioni di ulteriore aggravamento del rischio sanitario come ha detto lo stesso Conte in conferenza stampa ieri sera.
Ma se oggi il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana afferma che “esistono dei dubbi su quale delle due debba prevalere: se l’ordinanza della Regione o il decreto del Governo”, anche noi possiamo chiederci quale sia la necessità della Regione Sardegna di avere maggiori restrizioni rispetto a quelle già ampiamente previste a livello nazionale e nelle zone con il più alto tasso di contagi e deceduti.
Un grande pasticcio, insomma
Ordinanze che richiamano leggi e altre ordinanze, scritte in modo poco chiaro un po’ per confondere (per capire che è ancora possibile svolgere attività motoria nei dintorni del proprio domicilio bisogna leggere l’ordinanza almeno due volte), un po’ per spaventare. E forse un po’ per spostare l’attenzione dalle innumerevoli gaffe prodotte dal Presidente Solinas e dal suo assessore alla sanità Nieddu.
Come altre Regioni, la Sardegna meriterebbe più dispositivi di protezione negli ospedali e meno ordinanze inutili, una comunicazione più chiara e maggior rispetto delle gerarchie istituzionali.