Recensione
Regia di Momoko Seto (Francia, 2016, 30′)
I don’t want to sleep with you I just want to make you hard è un titolo lungo che descrive bene i contenuti del corto, che si protrae anche nella durata, rientrando di precisione nei tempi massimi previsti per i cortometraggi.
Bisogna tuttavia dire da subito che il film scorre rapidamente, trasmettendo un mix di strane sensazioni che catturano l’attenzione. Il corto racconta alcuni incontri nei Kyabakura, un particolare genere di locale giapponese frequentato da uomini ai quali viene offerta, in cambio di denaro, la possibilità di entrare in relazione in modo piuttosto intimo con ragazze tendenzialmente giovani, dovendo tuttavia rispettare alcune norme molto rigide, tra le quali spicca particolarmente il divieto del contatto fisico.
Queste regole molto spesso non vengono rispettate e la tensione causata dal divieto emerge chiaramente in un anomalo contesto. In effetti è davvero complicato, da un punto di vista esterno, trovare un’interpretazione per le dinamiche che vengono a crearsi in questi luoghi.
Il punto di forza del corto va ricercato anche in quest’impossibilità, ovvero nel fatto che il lavoro di Momoko Seto ci permette di conoscere una realtà così tanto diversa dalla nostra da risultare tendenzialmente indecifrabile. Sicuramente alla base di questo documentario c’è l’intenzione di evidenziare l’alienazione della società che viene osservata: da un lato possiamo vedere uomini stressati e impacciati che tentano col denaro di acquisire controllo nei confronti dell’altro sesso, mentre dall’altro lato ragazze che, attratte dalla possibilità di un alto compenso, subiscono enormi manipolazioni emotive. Tuttavia ciò che accade davvero tra cliente e hostess è qualcosa di molto complesso che tende all’inspiegabilità e lo stesso sguardo della regista sembra vacillare tra biasimo e divertita osservazione.
Nella fenomenologia di questo strano rapporto troviamo la ricerca dell’eros attraverso l’atto stesso del far ridere. Troviamo una bizzarra pudicizia in conflitto con tutta una serie di gesti, desideri e scambi che lasciano intravedere una costante tensione, anche nelle situazioni di apparente intesa e rilassamento. Ma troviamo soprattutto, ed è la cosa che forse possiamo comprendere maggiormente rispetto a ciò che accade nei Kyabakura, la ricerca costante della carica erotica sprigionata dalla scoperta dell’altro. Tutto questo con un più o meno ovattato sottofondo di repressione.
Tecnicamente il cortometraggio è ben girato, il montaggio è ottimo – a parte qualche stacco fastidioso – e può vantare una bella fotografia. Peccato per l’ingiustificabile uso dello zoom in diverse riprese.
Nel complesso I don’t want to sleep with you I just want to make you hard è un lavoro di qualità, che riesce a essere critico nel guardare alla società ma al contempo affascinante e interessante.
Nicola Ruvioli